Stato-Mafia, Messineo apre indagine su esposto anonimo
Il 15 gennaio 1993, giorno in cui l’allora capo della mafia siciliana, Totò Riina, fu arrestato, i carabinieri, di nascosto agli inquirenti, sarebbero entrati nel covo del boss e lo smantellarono, prelevando carte scottanti che rivelavano nomi e verità importanti sulla trattativa Stato-mafia. Dopo 20 anni il mistero irrisolto dell’accordo tra boss e politica torna a far parlare di sé, questa volta grazie a una lettera anonima che rivela particolari ai magistrati di Palermo.
Quindi, come riporta l’edizione di oggi di Repubblica, si fa avanti tutta un’altra storia rispetto alla versione ufficiale sempre ribadita dai vertici del Ros: “Il covo del latitante fu subito perquisito e l’archivio del capomafia venne inizialmente nascosto in una caserma dei carabinieri”, questo scrive l’anonimo ben informato che a fine settembre ha messo in allerta il sostituto procuratore Nino Di Matteo e i suoi colleghi del pool. La lettera avverte i pm, di fare attenzione perché “sono spiati”, ci sono delle gole profonde in Procura e tra i Ros, che raccontano tutti i loro movimenti a Roma. L’unico pm di cui “potersi fidare è Ingroia”. Rivela particolari che solo un testimone diretto può aver vissuto.
Gli inquirenti indagano per convalidare l’autenticità delle verità raccontate nelle 12 pagine della nota, che sul frontespizio ha lo stemma della Repubblica, e dove ricorrono pure nomi di “politici della prima Repubblica”, finora rimasti fuori dalle indagini, che avrebbero avuto una parte nella presunta trattativa. E dice di scavare anche nel passato di questi, oltre a Mannino, Dell’Utri e Mancino.
C’è scritto infine che l’agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbe stata presa da “un carabiniere”. Per quella sparizione era stato indagato e poi prosciolto il colonnello Giovanni Arcangioli, filmato in via D’Amelio mentre si allontanava dal teatro della strage con la borsa del magistrato in mano. Arcangioli ha sempre detto che nella borsa l’agenda non c’era.
La precisione dei riferimenti fa ritenere che il nuovo “corvo” di Palermo sia probabilmente un uomo degli stessi apparati investigativi, magari deluso per l’archiviazione di una sua indagine, e riferisca notizie tutte da verificare.
“Stiamo indagando sul contenuto dell’esposto anonimo – dichiara il procuratore Francesco Messineo – per accertare se quanto scritto all’interno corrisponda al vero o sia falso. Siamo alla ricerca di riscontri perche’ ci sono fatti ancora inediti. Soltanto allora potremo capire se l’autore e’ una persona che denota una vera conoscenza interna dei fatti”.