Gip archivia caso riesumazione Salvatore Giuliano

ll cadavere riesumato esattamente due anni fa nel cimitero comunale di Montelepre, sarebbe – ma il condizionale resta d’obbligo- quello di Salvatore Giuliano. Il Gip di Palermo Giuliano Castiglia ha deciso di archiviare l’indagine, certificando con timbro e firma, che i resti prelevati dalla cappella gentilizia della famiglia del fuorilegge, appartengano al Re di Montelepre. Si chiude così, almeno giuridicamente, il mistero sulla morte di Salvatore Giuliano, per la storia ucciso il 5 luglio del 1950, per voce di popolo, più volte supportata da testimonianze attendibili, fatto scappare in America e sostituito con un sosia che sarebbe stato sacrificato e sepolto al suo posto. L’esame del Dna sui resti di Giuliano, eseguito dal biologo Renato Biondo e da Francesco De Stefano, direttore del dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Genova comparato con quello del nipote Giuseppe Sciortino, figlio di Mariannina, sorella del fuorilegge – avrebbe dato un tasso di attendibilità superiore al 90%, da qui la decisione di chiudere le indagini, aperte dall’allora procuratore aggiunto Antonio Ingroia, dopo l’esposto presentato dagli storici Giuseppe Casarrubbea e Mario Joseph Cereghino. La riapertura del caso mirava a svelare se dentro la bara seppellita nel 1950 nella necropoli di Montelepre ci fosse davvero Salvatore Giuliano o un suo sosia; infatti sono ancora in tanti a pensare che quello che è avvenuto 62 anni fa a Castelvetrano sia stata una messinscena e che su quella lastra di marmo non ci fosse Turiddu ma uno che gli somigliava tanto, che si è fatto ammazzare per permettere al bandito di fuggire all’estero. Tesi confermata anche da Michele Ristuccia, anziano ex agente dei Servizi segreti, che ascoltato da Ingroia, ha rivelato di avere accompagnato Salvatore Giuliano ai funerali della madre celebrati nel 1971. Ristuccia aveva pure detto che i familiari del bandito sarebbero stati tutti d’accordo con la presunta messinscena dell’omicidio consumato a Castelvetrano. Stranamente la chiusura definitiva d’indagine sul caso arriva in un momento in cui il suo autore, Antonio Ingroia, già preso di mira per avere – a dire di qualcuno – sperperato denaro pubblico inutilmente, oggi si trovi in piena campagna elettorale per le politiche di febbraio. Inoltre, gli scettici, avevano dato per scontato un finale del genere sin dall’inizio, consci, che il segreto di Stato, che fino al 2016 vigerà sull’intera vicenda, avrebbe influito sui risultati.

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