Inchiesta tangenti. Chiesta l’archiviazione per Vizzini e Romano

Un giro di tangenti che sarebbero ruotate attorno alla società Gas, di cui erano soci Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, e il tributarista Gianni Lapis: di questo si occupava l’indagine che, oltre a Ciancimino e Lapis, coinvolgeva l’ex ministro Saverio Romano, il senatore Carlo Vizzini e l’ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro. Per tutti la Procura di Palermo ha chiesto oggi l’archiviazione: parte delle accuse sarebbero prescritte, mentre altre sarebbero difficilmente riscontrabili dopo la decisione del Senato di negare l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni effettuate a carico di Vizzini. L’inchiesta ebbe input dalle dichiarazioni di Ciancimino che ammise di avere pagato mazzette per la vendita della società Gas: 50 mila euro ciascuno a Romano e Cuffaro, altri soldi a Vizzini. Una versione più soft la diede Lapis che parlò di “contributi elettorali”. I tre politici hanno sempre smentito di avere ricevuto il denaro. Vizzini spiegò che in un momento di difficoltà economiche chiese a Lapis la restituzione di somme investite con la sua consulenza. Giustificazioni che non convinsero i pm che ipotizzarono che alcune tangenti fossero servite a compensare la concessione di appalti di metanizzazione che avevano fatto crescere il valore della Gas. Altre sarebbero state pagate come “contropartita” di un provvedimento legislativo: la legge 350 del 24 dicembre 2003 che previde per le aziende del gas un abbattimento dell’Iva e contributi per i trattamenti pensionistici. Un “aiuto” fondamentale agli investigatori venne da una serie di intercettazioni risalenti agli anni 2003 e 2004. Dalle conversazioni sarebbero emersi contatti tra Lapis e vari politici. Le telefonate vennero ritenute rilevanti dal gip che ne chiese a Camera e Senato, i rami del Parlamento ai quali appartengono Romano e Vizzini, l’autorizzazione all’uso. Ma mentre Montecitorio diede il consenso per Romani, Palazzo Madama lo negò per Vizzini. Un colpo all’inchiesta, secondo la Procura, che le riteneva, almeno per la posizione di Vizzini, un elemento a riscontro di enorme importanza.

fonte: la siciliaweb.it

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