Processo Mafia e Appalti. Il pg chiede di confermare le condanne
Il procuratore generale della corte d’appello di Palermo ha chiesto di confermare le pene comminate in primo grado ma anche di condannare Franco Lena (assolto in primo grado) a dieci anni per associazione mafiosa o, in subordine, a cinque anni e sei mesi per intestazione fittizia aggravata dall’agevolazione mafiosa. Si è conclusa così la requisitoria del procuratore generale al processo “Mafia e appalti”, giunto al secondo grado di giudizio. L’indagine che nel giugno del 2010 portò all’arresto di 19 persone vede coinvolti -fra glia altri- l’architetto Vincenzo Rizzacasa, titolare dell’Aedilia Venusta, l’azienda espulsa da Confindustria nel 2009, gli imprenditori Salvatore, Francesco e Francesco Paolo Sbeglia, ed ancora Carmelo Cangemi, Fausto Seidita, Pietro Vaccaro, Vincenzo Marcianò e Massimo Troia. Ma anche i boss di Cosa Nostra Antonino Maranzano e Nino Rotolo. La squadra mobilie di Palermo li arrestò tutti dopo averli intercettati nel box del capomafia di Pagliarelli, le intercettazioni inoltre avevano permesso di svelare i sistemi mediante i quali l’organizzazione mafiosa ha mantenuto nel tempo il controllo di tutto il ciclo produttivo del mercato edilizio. Il Gup Luigi Petrucci nel novembre del 2011 su richiesta del Pm Marcello Viola aveva inflitto con il rito abbreviato 10 anni di reclusione ai boss Nino Rotolo e Antonino Maranzano, 8 anni a Carmelo Cancemi, 4 anni a Pietro Vaccaro e Vincenzo Marcianò, 8 anni e due mesi a Fausto Seidita, 2 anni a Massimo Giuseppe Troia, 8 anni e 6 mesi a Francesco Paolo Sbeglia, 2 anni e 8 mesi a Francesco Sbeglia, 3 anni e 4 mesi a Salvatore Sbeglia e Vincenzo Rizzacasa. Era invece stato assolto l’imprenditore Francesco Lena, al quale era stata restituita anche la società “Abbazia Sant’Anastasia Spa”. Adesso il procuratore generale della corte d’appello di Palermo chiede la conferma delle pene anche in secondo grado e la condanna per Franco Lena.