Trattativa Stato -Mafia, il Capo dello Stato contro i pm palermitani
Fa discutere la decisione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di sollevare il conflitto di attribuzione con la Procura di Palermo che indaga sulla trattativa tra Stato e Mafia e che avrebbe intercettato, durante le indagini, una conversazione telefonica tra l’ex Ministro dell’interno Nicola Mancino e lo stesso Capo dello Stato. Secondo il Quirinale sono state violate le prerogative del Presidente della Repubblica, cioè i diritti, i privilegi, facendo riferimento alla Costituzione e alla legge 219 del ’89 secondo cui c’è il divieto assoluto di intercettare, anche indirettamente, le conversazioni in cui parla il Capo dello Stato, che comunque non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni tranne che per Alto Tradimento e attentato alla costituzione. Appresa la notizia i pm di Palermo hanno subito convocato un vertice con i giornalisti. Erano presenti il procuratore capo Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava. Le telefonate fra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino esistono davvero, ma non sono rilevanti. E soprattutto non è stata violata l’immunità del Capo dello Stato. Questa la difesa del procuratore Messineo
“Ci troviamo in presenza di un’intercettazione occasionale, imprevedibile, inaspettata e quindi a mio parere sfugge completamente alla normativa in esame. Siamo nell’ambito di un fenomeno diverso”. Il Capo dello Stato, non può essere indagato fino a quando non sia stato sospeso dalle sue funzioni con sentenza della Corte Costituzionale eretta in Suprema Corte di Giustizia. E questo, come detto, può avvenire solo per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. Le reazioni alla notizia non si fanno attendere. Rita Borsellino dichiara: “mi sento schiaffeggiata. Il gesto del Presidente della Repubblica è discutibile. Non lo capisco. Sì, mi sento schiaffeggiata innanzitutto come cittadina. Non possiamo accettarlo. Non so se qualcuno, per i vent’anni della morte di Paolo, si ribellerà”. Va giù duro anche il fratello, Salvatore Borsellino: “E’ un attentato alla Costituzione da parte di Napolitano – dice – E’ un’iniziativa contro quella Procura che sta cercando di far luce su quanto è successo, e ha portato alla strage del 19 luglio 1992″