BLITZ NEL TRAPANESE, IN MANETTE ANCHE IL SINDACO DI CAMPOBELLO DI MAZARA. PIU’ VICINI A MESSINA DENARO

I carabinieri del Ros stringono il cerchio attorno al superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Un’operazione dei Ros ha decapitato la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, ritenuta una delle ultime roccaforti del ricercato numero uno. In manette 11 persone, tra cui lo stesso sindaco di Campobello Ciro Caravà. Al centro delle indagini, avviate nel 2006 sotto la direzione della procura distrettuale antimafia di Palermo, c’è quello che è considerato uno dei sodalizi più vicini a Messina Denaro, capo indiscusso della mafia trapanese e ‘punto di riferimento’ per l’intera struttura di Cosa Nostra. Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive del mandamento di Castelvetrano, avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con il ‘boss dei boss’ e, ”attraverso un pervasivo controllo del territorio”, sarebbe riuscita ad ”infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell’area”. Le 11 persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Palermo, tutte ritenute affiliate alla ‘famiglia’, sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. I carabinieri hanno eseguito anche il sequestro preventivo della “Eurofarida Srl” una azienda del settore olivicolo, del valore complessivo di circa 2 milioni di euro, riconducibile ai vertici dell’organizzazione. Le indagini hanno, infatti, accertato che Leonardo Bonafede e Simone Mangiaracina, in concorso con Cataldo La Rosa e Antonino Moceri (alcune delle persone coinvolte nel blitz) avevano attribuito fittiziamente la titolarità delle quote societarie e dei beni aziendali ad Antonio Tancredi e alla moglie di Antonino Moceri proprio allo scopo di eludere eventuali misure di prevenzione patrimoniale. A Moceri e a Tancredi è stato contestato, oltre all’intestazione fittizia di beni, anche il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver consapevolmente fornito alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, nella quale non erano organicamente inseriti, “un contributo dotato di effettiva rilevanza causale ai fini del rafforzamento e del più efficace raggiungimento degli scopi criminali, avendo consentito alla predetta associazione mafiosa di infiltrarsi nel redditizio settore della olivicoltura”. In particolare è stata accertata la rivalità tra due opposti schieramenti riconducibili rispettivamente all’anziano boss Leonardo Bonafede e a Francesco Luppino, arrestato di recente nell’ambito dell’operazione “Golem”, ritenuto uno dei fiancheggiatori del latitante trapanese. Gli investigatori hanno accertato la gestione occulta, da parte di Cosa nostra, di società ed imprese in grado di monopolizzare il mercato olivicolo ed altri settori dell’economia. Il sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, in carica dal giugno del 2006 e rieletto nelle ultime amministrative nel maggio 2011, era considerato “l’espressione politica della locale consorteria mafiosa”. Nel corso dell’operazione, oltre al capo della famiglia Leonardo Bonafede, inteso “u zu Nardino”, è stato arrestato Filippo Greco, noto imprenditore di Campobello, da tempo trasferitosi a Gallarate (VA), ritenuto uno dei principali finanziatori nonché |il “consigliere economico” dell’organizzazione mafiosa. Misure cautelari sono state inoltre eseguite nei confronti di Cataldo La Rosa e Simone Mangiaracina, considerati il “braccio operativo” del capo della famiglia mafiosa. Destinatari dei provvedimenti cautelari sono inoltre: Calogero Randazzo, già condannato per associazione mafiosa; Gaspare Lipari, che avrebbe svolto la funzione di “collegamento” tra il sindaco ed il capomafia; Vito Sisgnorello, anche egli condannato per mafia. Cirò Caravà, il sindaco di Campobello di Mazara arrestato oggi dai carabinieri con l’accusa di associazione mafiosa, indicato dagli inquirenti come “l’espressione politica” delle cosche locali, é un’amministratore di lungo corso che è sempre stato in prima fila nelle iniziative antimafia. Come l’inaugurazione di un centro dell’Avis, avvenuta un anno fa su un fondo confiscato al boss locale Nunzio Spezia, morto nel 2009. Alla guida di una giunta di centrosinistra, vicino al Pd, Caravà, 52 anni, ragioniere, è stato consigliere comunale dal 2001 al 2006, anno in cui fu eletto sindaco in quota Democrazia europea, la formazione politica promossa dall’ex leader della Cisl Sergio D’Antoni. Al ballottaggio si impose sul sindaco uscente Daniele Mangiaracina, candidato del centrodestra. Una sfida che si è riproposta anche alle ultime amministrative del giugno scorso, quando bissò il successo con 3.817 voti, il 54,56%. A sostenerlo un cartello formato da Pd, Mpa e Democrazia e libertà, con l’appoggio esterno di Api e la lista Fratelli d’Italia. Nel 2008, mentre Caravà era in carica, il Comune di Campobello di Mazara fu oggetto di una ispezione disposta dal Ministero dell’Interno per verificare eventuali infiltrazioni mafiose, che non ebbe alcun seguito

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