Palermo, volevano ricomporre una “cupola forte” in 36 sono finiti in manette

 di Federico Orlando

Si tratta di tre operazioni distinte e congiunte vecchi mafiosi, tra questi Nunzia Graviano che da Roma dove vive, gestiva il tesoro della cosca e riceveva soldi dalla famiglia di Brancaccio e nuovi aspiranti uomini d’onore. Discutevano, si incontravano, per ricomporre una cupola forte ed inattaccabile, ma nel frattempo chiedevano il pizzo usando metodo molto convincenti. Appartenevano ai mandamenti di San Lorenzo, Resuttana, Boccadifalco, Passo di Rigano e Brancaccio, ma erano senza un vero capo e questo manteneva l’ambiente in fibrillazione, a rischio scontri per la supremazia. L’unico ad emergere tra gli arrestati era Cesare Lupo, 50enne laureato in Scienza Giuridiche, con una tesi sul fenomeno delle estorsioni, che probabilmente in virtù della professionalità acquisita con gli studi, stava tentando di porsi a capo dell’organizzazione, supportato dal 41enne Giuseppe Arduino e dal 56 Antonino Sacco. Tra i 36 arrestati anche Giovanni Li Causi, che vive a Carini e gestisce il bar dello stadio Renzo Barbera. Per gli inquirenti era il riferimento di Giulio Caporrimo che uscito dal carcere dopo dieci anni di detenzione, si era subito posto a capo della famiglia di San Lorenzo e Resuttana e stava tentando di imporre le ditte che avrebbero costruito il nuovo stadio progettato da Maurizio Zamparini, all’interno del quale pensava di imporre anche le aziende che dovevano insediarsi nel centro commerciale. Caporrimo tramite Li Causi, gestiva anche i biglietti omaggio della partite del Palermo. In galera anche il capacense Filippo Pagano, 55 anni ed il torrettese Antonino Ignazio Mannino, fratello di Angelo già detenuto. L’indagine è stata portata a termine grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche ma anche alla collaborazione di qualcuno tra gli esercenti ai quali i mafiosi imponevano il pizzo.   servizio nel Tg 

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