Il boss Rosario Gambino è tornato libero

Il tribunale della libertà di Palermo ha accolto l’appello del legale di Rosario Gambino, l’avvocato Daniele Lelli, revocandone la detenzione. Gambino, che è ricoverato in ospedale per gravi condizioni di salute, è quindi libero. Il tribunale ha deciso dopo le indicazioni della Cassazione che per quattro volte ha annullato i provvedimenti e ordinato ai giudici di Palermo di riesaminare le condizioni e lo stato di detenzione di Rosario Gambino, appartenente all’omonimo clan della famiglia di New York e detenuto a Parma. Gambino era stato condannato a 16 anni di reclusione nel processo Pizza Connection. Il 7 luglio scorso la prima sezione penale della Suprema corte aveva nuovamente accolto il ricorso della difesa di Gambino e aveva annullato con rinvio per nuovo esame l’ordinanza con la quale il 7 dicembre 2010 il tribunale della libertà di Palermo aveva confermato per la quarta volta la custodia cautelare. Fu Giovanni Falcone, nel 1980, a emettere il mandato di cattura. Ma è sempre stata controversa la legittimità formale di un’ordinanza di custodia emessa 30 anni fa. Gambino, giunto in Italia il 23 maggio 2009 dagli Stati Uniti, proprio il giorno dell’anniversario della morte di Falcone, dopo una battaglia giudiziaria durata anni legata alla sua estradizione prima ed espulsione poi, è stato trasferito dal carcere romano di Rebibbia all’ospedale di Parma. “Dopo quattro annullamenti – dice l’avvocato Lelli – accogliamo con soddisfazione la decisione del tribunale che finalmente ha fatto la cosa giusta guardando più ai fatti giuridici che al cognome dell’imputato”. Rosario Gambino, 69 anni, ed esponente di spicco dell’omonima organizzazione mafiosa newyorkese, considerata una delle cinque famiglie più potenti di Cosa Nostra americana, nel 2009 è rientrato in Italia dopo aver terminato di scontare una condanna a 22 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti: non avendo mai ottenuto la cittadinanza statunitense, il boss è stato colpito da un provvedimento di espulsione, come previsto dalle leggi americane. In Italia era latitante dal giugno 1980, quando nei suoi confronti venne emesso dall’allora giudice istruttore Giovanni Falcone un mandato di cattura per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di indole mafiosa e per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Emigrato negli Usa negli anni Sessanta insieme ai fratelli Giovanni e Giuseppe, era riuscito a conquistare un ruolo di vertice all’interno della Gambino family di New York, capeggiata dal boss Carlo Gambino, di cui Rosario è nipote, capo indiscusso di quella consorteria mafiosa che era giunta a comandare 25 clan con oltre 950 affiliati. Secondo l’Fbi l’attuale capo della famiglia Gambino sarebbe John Jackie Nose D’Amico, strettamente collegato al boss John Gotti, morto in carcere nel 2002. Nell’ambito delle diverse attività illecite della famiglia mafiosa, Rosario Gambino e i suoi fratelli hanno da sempre gestito il business del traffico di droga e il conseguente utilizzo dei proventi illeciti in proficui investimenti negli Usa. Nel 1979, i fratelli Gambino vennero coinvolti nelle indagini sul presunto rapimento dell’ex banchiere Michele Sindona, abituale frequentatore della famiglia, durante la sua permanenza negli Usa. Fu ancora il giudice Falcone a interessarsi dell’episodio che coinvolgeva il bancarottiere, evidenziando il ruolo di gestione della mafia siculo-americana nel sequestro. Nelle indagini svolte all’epoca, emerse che il “regista” della vicenda era stato il fratello, Giovanni Gambino, detto John. Il nome di Rosario Gambino è legato anche ai grandi processi di mafia, tra cui la celebre indagine sul vasto traffico di droga tra Italia e Stati Uniti d’America del 1979, conosciuta come “Pizza Connection”. Per le sue attività criminali nel settore degli stupefacenti, negli Stati Uniti Gambino nel 1984 fu condannato dai Giudici americani a 45 anni di carcere, scontandone in effetti 22. Nel marzo 2007 il boss è stato scarcerato dal Federal Correctional Institute di Terminal Island in California ed internato nel centro per immigrati di San Pedro, in California, per essere poi espulso. L’arrivo in Italia, comunque, ha richiesto diverso tempo, anche perché nell’ottobre del 2007 un giudice di Los Angeles ne aveva negato l’espulsione in quanto in Italia è in vigore il carcere duro per i mafiosi, che il tribunale americano aveva ritenuto non compatibile con le condizioni di Gambino. Nel nostro Paese Gambino è stato condannato a 16 anni di reclusione. Ora la scarcerazione per le gravi condizioni di salute in cui versa.

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