Partinico, Michele Vitale è tornato in carcere
E’ tornato in carcere Michele Vitale, 54 anni, fratello dei boss Vito e Leonardo, entrambi considerati capimandamento della cosca di Partinico. L’uomo è stato arrestato dagli agenti del locale commissariato di polizia in esecuzione di un’ordinanza disposta dall’Ufficio di Sorveglianza del Tribunale di Sicurezza Preventiva che prevede, nell’immediato, il suo inserimento in una casa di lavoro per la durata di 2 anni. Michele Vitale, finito in manette nell’operazione Terra bruciata, era tornato in libertà il 15 giugno del 2009, per decorrenza di termini e sottoposto alla misura della prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di soggiorno a Partinico, per la durata di tre anni e sei mesi, con decreto emesso dalla I sezione del tribunale di Palermo. Il Vitale, che in questo lasso di tempo ha vissuto con la famiglia, con l’obbligo di non uscire la mattina prima delle sette e di non rincasare la sera più tardi delle 20, di firmare tre volte a settimana , sull’apposito registro, presso il commissariato di pubblica sicurezza della cittadina e di non accompagnarsi con soggetti pregiudicati, da sabato scorso dorme al carcere Pagliarelli, in attesa che la direzione generale per gli istituti di prevenzione e pena decida in quale casa di lavoro destinare il pregiudicato. Michele Vitale era stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare in carcere nel novembre del 2004, nell’ambito di una maxiretata antimafia, che aveva colpito al cuore il clan Vitale con l’arresto di ben altri 23 soggetti, tutti accusati di associazione mafiosa ed estorsioni. In quella occasione erano finite in carcere anche Maria Gallina e Antonina Vitale, rispettivamente moglie e sorella di Leonardo Vitale. L’indagine, allora condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza e dai pm Francesco del Bene e Maurizio De Lucia ( gli ordini di custodia erano stati firmati dal gip Antonio Tricoli), sarebbero ruotate proprio attorno alla figura di Maria Gallina. Sarebbe stata lei , secondo gli investigatori, a smistare gli ordini del marito rinchiuso da anni con il 41 bis ( il regime del carcere duro). Casalinga,donna di mafia e manager per il clan, Maria Gallina a 48 anni era un boss in gonnella che dava ordini ai gregari, che riscuoteva il pizzo, che gestiva la cosca con il marito , in posizione paritaria. Così nel clan Vitale dopo l’arresto dei boss Vito e Leonardo, il vertice venne occupato dalle “femmine”: Maria Gallina e Giusy Vitale, quest’ultima sorella del boss Vito e degli altri “Fardazza, Michele e Leonardo . Giusy, anche lei ,ritenuta reggente del mandamento, avrebbe ordinato l’omicidio di un muratore . Poi ha saltato il fosso, divenendo una pentita. La Gallina curava gli affari dal salotto di casa, dava lavoro agli “impiegati di mafia”, aveva ampia facoltà contrattuale, aveva potere di vita e di morte e controllava il territorio. Leonardo e Vito Vitale , entrambi già condannati all’ergastolo, nonostante il carcere duro, comandavano su tutta la linea e imponevano il pizzo alle imprese. Attorno al clan dei Fardazza, gli investigatori hanno già fatto un’eccellente operazione di bonifica con arresti eccellenti di soggetti mafiosi che, in assenza dei Vitale , avrebbero cercato di mettersi al vertice del mandamento di Partinico. Vito Vitale, la cui carriera criminale è stata contrassegnata da un’ascesa folgorante e da una caduta fragorosa, è stato catturato dagli uomini della squadra mobile il 15 aprile del 1998.