Cinisi, Casa Memoria chiede riapertura indagini su depistaggio
Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato di Cinisi, torna a chiedere una nuova fase di inchieste sul depistaggio che seguì la tragica fine del militante di democrazia proletaria assassinato il 9 maggio del 1978. L’intenzione, è quella di continuare a difendere e diffondere la memoria di Peppino e di Felicia, cercando di leggere anche nelle ultime pagine oscure di questa storia, cercando di capire perché all’omicidio di Peppino sia seguito un depistaggio istituzionale così come è successo per importanti nodi della storia degli ultimi decenni, come la strage di Piazza Fontana o quella della Stazione di Bologna e tanti altri. La scena del crimine inconsueta — quasi più da “operazione” che da vendetta mafiosa — e poi un’inchiesta contraffatta per sostenere la tesi dell’attentato finito male. Con le indagini concentrate, sin dalle prime ore, esclusivamente sulla ricerca di prove contro la vittima. Come in un verdetto già scritto: Peppino è stato “suicidato” subito. Da magistrati. Da carabinieri. Da testimoni reticenti. Prove scomparse, indizi cancellati, le sue carte prelevate da uomini in divisa e mai più ritrovate. Un inquinamento investigativo a tutto campo, percepibile dai primi sopralluoghi e dalle prime informative trasmesse alla procura della repubblica. Qualcuno oggi ha il sospetto che a volere morto Peppino Impastato non sia stato solo Gaetano Badalamenti, il boss di Cinisi che in Sicilia era una potenza e dal dopoguerra aveva regolato il traffico degli stupefacenti con l’America – a scriverlo – sul quotidiano La Repubblica di ieri – è Attilio Bolzoni. Troppo sproporzionato quel depistaggio per proteggere solo un mafioso — seppure un mafioso importante, di peso — come Badalamenti. C’era probabilmente qualcun altro da coprire a Cinisi, quella notte fra l’8 e il 9 maggio 1978. Archiviato in più riprese come «omicidio a carico di ignoti» e poi più volte riesumato fino ad arrivare faticosamente alla condanna di don Tano come mandante, il caso Impastato è uno di quei delitti siciliani dove s’intravede una “convergenza di interessi” fra Cosa Nostra e altri poteri. Qualcuno vorrebbe ancora indagare, cercare, capire. Anche perché chi allora aveva manovrato alcuni ufficiali dei carabinieri per accreditare l’ipotesi dell’atto terroristico — escludendo categoricamente qualsiasi altra pista — oggi sarebbe scivolato nelle investigazioni sulle trattative fra Stato e mafia all’ombra delle stragi siciliane del 1992. A trentatré anni dall’uccisione di Peppino Impastato – conclude Bolzoni – forse è stata fatta giustizia solo a metà. Casa Memoria di Cinisi vuole che sia comprovata la responsabilità penale e giudiziaria oltre che politica dei depistatori e per cui la Procura ha aperto un fascicolo di accertamenti preliminari. E’ importante per i familiari e gli amici di Peppino impastato, aggiungere alla storia certa altri piccoli ma significativi tasselli e, per questo, chiedono che la parte dell’archivio di Peppino ritorni a casa sua, a Casa Memoria Impastato, per far si che tutti possano consultarla e capire.