OPERAZIONE THE END. NUOVI PARTICOLARI

Mentre oggi la commissione regionale antimafia si riunirà a Partinico per confrontarsi sull’emergenza criminalità nel territorio, esplosa in questi ultimi mesi con una serie di intimidazioni e culminata con la maxiretata antimafia che ha portato in carcere all’alba di martedì 23 componenti di due distinti gruppi mafiosi per il controllo della zona, dalle intercettazioni dell’operazione the end emergono nuovi particolari. Il clan dei Vitale sarebbe stato insidiato dai Tagliavia. In un colloquio in carcere tra il boss ergastolano Vito Vitale e il figlio Leonardo, il padre raccomanda al figlio solo di non litigare con lo zio, Michele Vitale, essendo più grande ed esperto di lui. Leonardo Vitale al momento del blitz era già detenuto per una rapina a mano armata commessa ai danni di un agricoltore a San Cipirello, Giovanni, invece, era stato scarcerato lo scorso marzo, dopo due condanne definitive per associazione mafiosa e ora è tornato in cella. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, sia Leonardo Vitale senior che Vito erano ben lieti di valorizzare il ruolo di un membro della famiglia come Leonardo, che ha appena 24 anni, nell’intenzione di riaffermare la propria supremazia dopo il periodo di supervisione di Domenico Raccuglia. Secondo questa analisi le nuove leve della famiglia diventano dunque per i Vitale strumenti di potere, grazie ai figli riconquistano l’autorità assoluta a Partinico che rischiavano di perdere per sempre. Leonardo e Giovanni Vitale si sarebbero dati da fare, scegliendo i fiancheggiatori e organizzando una rete di fidati messaggeri. Uno di questi, per l’accusa è Roberto Pitattesi, ritenuto un personaggio di spicco della famiglia di Balestrate, un altro è Daniele Salvaggio che avrebbe avuto l’incarico di reinvestire nel traffico di droga, i soldi incassati con le estorsioni, e poi ancora Elviro Paradiso, Gianfranco Brolo, Francesco Alfano e Alfonso Bommarito. Ma un altro gruppo stava per contrapporsi ai Vitale, come si evince nel corso delle conversazioni tra Salvaggio e Alfano. Il nome che avrebbe messo apprensione il clan sarebbe stato quello di Francesco Tagliavia, detto Ciccio, che già negli anni 90, assieme a Francesco Paolo Alduino (poi ucciso dentro il suo panificio) tentò di scalzare i Vitale. Tagliavia è libero dal 10 luglio dello scorso anno, dopo avere scontato una condanna di 15 anni di reclusione, 3 condonati. La sua scarcerazione, secondo gli inquirenti, avrebbe mandato in fibrillazione il mandamento di Partinico. Vito Vitale secondo i giudici, avrebbe condannato a morte Tagliavia, ma l’esecuzione non sarebbe stata eseguita solo perchè rimasto in carcere negli ultimi 10 anni. Altri dettagli dell’operazione the end, riguardano le vessazioni subite da numerosi imprenditori: cemento, stabilimenti balneari, distributori di carburante…..ogni attività era oggetto di taglieggiamenti. Il giovane Leonardo Vitale avrebbe gestito le estorsioni avvalendosi di presunti fiancheggiatori come Daniele Salvaggio, Francesco Alfano e Gioacchino Guida. I maggiori introiti sarebbero stati determinati con il cemento venduto a prezzi maggiorati. La ditta che lo forniva era la edil village srl gestita da Alessandro Arcabascio e Alfonso Bommarito, considerati dall’accusa molto vicini al clan Vitale. Tra gli imprenditori costretti a rifornirsi da loro Salvatore Lombardo, Francesco Paolo Cataldo e Domenico Palazzolo che figurano come parti lese. Nella maxiordinanza di custodia contro i boss di Partinico, i giudici scrivono inoltre anche le ditte che le tre vittime del pizzo furono costrette ad abbandonare: la geo sistemi srl di Domenico D’Arrigo, quella di Luigi Impastato che, sempre secondo la Procura, vendevano il calcestruzzo a prezzi più bassi, ma vennero escluse dal mercato. Nessuno dei costruttori ha però mai detto una parola e la Procura si accinge adesso a convocarli. Altri due imprenditori, Salvatore Lombardo e Giovanni Lo Monaco, avrebbero invece pagato il pizzo in contante, cioè senza forniture mascherate. Francesco Paolo Cataldo e Francesco Gambino, gestori di alcuni lidi a Balestrate, secondo gli investigatori furono costretti a versare la messa a posto per il periodo estivo. Il primo 5.500 euro, l’altro una somma imprecisata. Dietro tutte queste estorsioni ci sarebbe sempre Roberto Pitarresi, ritenuto un uomo di fiducia dei Vitale. La Procura ritiene di avere in mano solidi indizi sulle estorsioni pagate grazie alle intercettazioni svolte dai carabinieri del gruppo di Monreale, quindi in caso di ostinato silenzio degli imprenditori, che non hanno mai denunciato le estorsioni, gli stessi rischiano una denuncia per favoreggiamento. L’inchiesta condotta dal pm Francesco Del Bene e dai carabinieri da alle vittime del racket la possibilità di riscattarsi dalle vessazioni subite.

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