OPERAZIONE ADDIOPIZZO 5. DI BELLA, D’ANNA E BRUNO I CAPIMAFIA DEL NOSTRO COMPRENSORIO

FONTE: GIORNALE DI SICILIA
Giuseppe Di Bella, il cinquantaduenne monteleprino arrestato ieri dalla polizia nell’operazione “addio pizzo 5” che ha smantellato la rete dei fiancheggiatori dei boss Salvatore e Sandro lo Piccolo, sarebbe stato il punto di riferimento della mafia nella zona di Montelepre. Ad indicarlo come uomo d’onore, il pentito carinese Gaspare Pulizzi, che lo cita tra le persone presenti alla sua cerimonia di combinazione. Di Bella, era già stato condannato a due anni per associazione mafiosa per il periodo fino al 26 marzo 1998. Il nome di Giuseppe Di Bella, inoltre, compare in un pizzino trovato nell’ultimo covo dei Lo Piccolo a Giardinello. Secondo gli investigatori, i padrini di San Lorenzo, avevano incaricato Di Bella di riscuotere il pizzo sui lavori di completamento di una rete fognaria di Capaci, diretti da un imprenditore di Borgetto, Domenico D’Arrigo. “Di Bella G. deve portare i soldi di D’Arrigo per i lavori di Capaci”, recita –tra le altre cose- il pizzino. Dunque a permettere di smantellare la rete del pizzo, oltre agli imprenditori che hanno trovato il coraggio di denunciare, sono stati i collaboratori di giustizia. Per quanto riguarda Salvatore D’Anna 50 anni, capomafia di Terrasini, rilevanti sono state le dichiarazioni del pentito Michele Seidita, già reggente del mandamento di Partinico, il quale ha raccontato che a volere D’Anna a capo della famiglia di Terrasini è stato proprio Salvatore Lo Piccolo che tra l’altro consegnava i proventi dell’estorsioni della cittadina marinara a D’Anna, circostanza svelata dal pentito cinisense Francesco Briguglio. A comandare su Capaci ed Isola delle Femmine era invece Pietro Bruno, 64 anni, anche lui caduto sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Franzese e Gaspare Pulizzi. Maurizio Spataro invece ha parlato di Bruno come referente di Cosa Nostra, già dal 1998. A lui, i Lo Piccolo si rivolsero per superare alcuni ostacoli a Capaci con Francesco Catania, finito in manette ieri tra i 63 arrestati dalla polizia. Su scuole, cantieri, ville, hotel, ristoranti centri estetici e tanto altro ancora, veniva pagato il racket. Dall’operazione “addio pizzo 5” ad esempio emerge che da oltre un quarto di secolo i fratelli Azzolini di Terrasini, titolari degli omonimi alberghi di Terrasini e Villagrazia di Carini, versano la messa a posto a Gaspare Di Maggio, figlio dello storico boss di Cinisi Procopio e prima ancora ad Angelo Conigliaro di Carini. E sempre a Terrasini, Cosa Nostra chiese a Massimiliano e Carmelo Chiappara titolari di un pontile nautico, ben 6000 mila euro. Loro però si rifiutarono di pagare ed allora furono intimiditi prima col fuoco e poi addirittura con una mazza da baseball, sì, uno dei fratelli Chiappara fu pestato a sangue da Sandro Lo Piccolo. Questi agghiaccianti scenari sono stati raccontati dal pentito Francesco Briguglio, ma i Chiappara hanno detto ai magistrati di non aver mai subito richieste esplicite di pizzo. Costretti a pagare per lavorare in pace anche i titolari della ditta Candela che nel 2001 si occupò della dismissione della vecchia aerostazione di Punta Raisi. Sempre Briguglio, dice che versarono 8 o 10 milioni delle vecchie lire. E pagarono pure per le opere di ristrutturazione della caserma Beghelli di Palermo, regista dell’operazione Gaspare Di maggio, il boss di Cinisi. I Candela, hanno confermato di aver versato le somme richieste dalla mafia. La ditta di un altro costruttore, invece, Luigi Spallina, che doveva occuparsi della realizzazione di una scuola materna a Cinisi fu costretto non solo a pagare ma anche a fare delle assunzioni, ha raccontato l’imprenditore agli inquirenti. Insomma, con le cinque operazioni “addio pizzo”, gli uomini della squadra mobile hanno complessivamente arrestato 184 persone, individuato i responsabili di 87 estorsioni, ascoltato 232 cittadini in qualità di parti offese o informate sui fatti, raccolto la collaborazione di 61 operatori economici, sequestrato 15 società con fatturati di svariati milioni di euro. Numeri imponenti nell’azione di contrasto a Cosa Nostra. Adesso la speranza è che le vittime del racket trovino il coraggio di denunciare.

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