PROCESSO CARTHAGO. DEPONE IL PENTITO NINO GIUFFRÈ: DELINEATO LO SCENARIO MAFIOSO DI PARTINICO

Dopo la deposizione del pentito partinicese Michele Seidita, anche il collaboratore di giustizia Nino Giuffrè è stato sentito dai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Palermo nell’ambito del processo Carthagho, che vede alla sbarra otto presunti mafiosi di Partinico e Borgetto che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario, Salvatore Corrao, Santo Musso, Giuseppe Giambrone, Francesco Nania, Antonino Nania, Alessandro Salto, Pietro Brugnano, questi ultimi tre già scarcerati e l’ex super latitante Domenico Raccuglia, arrestato il 15 novembre dello scorso anno a Calatafimi. Nel corso della sua deposizione, su esplicita richiesta del pubblico ministero, Francesco Del Bene, il pentito Nino Giuffrè ha fornito un ampia chiave di lettura dello scenario mafioso del partinicese. Il racconto di Giuffrè parte da molto lontano, da ben 30 anni fa, quando il boss indiscusso di Partinico era Nenè Geraci. Al capo di cosa nostra locale, si è sostituita negli anni la famiglia Vitale-Fardazza, che Giuffrè dipinge come spietata, sanguinaria e senza scrupoli. Ed in effetti, basta solo ricordare l’omicidio di Giuseppe La Franca, assassinato proprio su volere dei Vitale perché non volle cedere le sue terre. Il collaboratore di giustizia palermitano, ha parlato anche dell’affiliazione dei Vitale a Totò Riina e delle avversità in un determinato periodo all’altro capo di cosa nostra corleonese, Bernardo Provenzano. Ostilità poi superate, perché se è vero che Binnu nella sua lunga latitanza andò a far visita ai Vitale, travestito da vescovo -così come ha raccontato anche la pentita della famiglia, l’ex boss in gonnella Giusy-, è chiaro che le inimicizie diventarono amicizie. Come ha testimoniato anche Michele Seidita, nella deposizione del 6 luglio scorso, lo scettro di capomafia, dopo l’arresto di Vito Vitale, è passato alla sorella Giusy. Poi, il comando della mafia partinicese transitò nelle mani di Domenico Raccuglia che cominciò a prendere decisioni su tutto, anche su chi doveva morire. Secondo, Nino Giuffrè, infatti, fu proprio Raccuglia a decidere due degli omicidi che si sono consumati a Borgetto, quelli di Vito Giambrone e del figlio Antonino, il primo assassinato una domenica di novembre del 1998 in una strada centrale del paese, mentre era a bordo di uno scooter, il secondo crivellato di colpi all’interno della sua officina il 31 ottobre 2007. Il pentito Giuffrè ha anche confermato l’affiliazione del presunto boss Nicolò Salto a Mimmo Raccuglia. L’udienza del processo Carthago, che si svolge col rito ordinario, è stata rinviata al prossimo 7 dicembre, giorno in cui verranno sentiti alcuni carabinieri che hanno seguito e portato a termine l’operazione che nel gennaio 2009 è sfociata negli arresti di ben 17 presunti mafiosi di Partinico e Borgetto. Seguirà un’altra udienza il 15 dicembre, ed anche in questa occasione verranno sentiti dei carabinieri. Si tratta delle ultime fasi del processo Carthago ed entro fine anno o all’inizio del 2011 potrebbero arrivare le sentenze di condanna definitive.

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