CASO GIULIANO. L’AVVOCATICCHIO DI CASTELVETRANO: “MORI’ UN GIOVANE SOSIA AL POSTO DI UN BANDITO”

Che ad essere ucciso, nella notte del 5 luglio del 1950, a Castelvetrano, fosse stato un sosia e non il bandito di Montelepre Salvatore Giuliano, è una tesi ipotizzata da sempre, ma finora mai confermata. L’avvocaticchio, colui che secondo la storia ospitò a casa sua Giuliano, durante l’ultima notte di vita, avrebbe svelato, prima di morire, questo segreto a due persone che lo hanno accudito fino alla fine. Gregorio Di Maria è morto a 98 anni il 7 maggio scorso, lasciando, un vero e proprio lascito testamentario, ora messo a disposizione dello scrittore Luigi Simanella, autore del libro “Salvatore Giuliano morto o… Vivo”. Simanella, è pronto a consegnare ai magistrati della Procura di Palermo che stanno indagando sulla morte di Giuliano, dopo la riesumazione del cadavere, tutta la documentazione che, nero su bianco, sostiene che Di Maria sapeva bene che il morto non era Giuliano. Queste due persone – ha detto Simanella – hanno deciso di affidare a me le dichiarazioni che “l’avvocaticchio” ha reso loro un mese prima di morire. “Il documento smentisce il fatto che Di Maria si fosse portato nella tomba il segreto di ‘tutta una vita’; Lo scrittore parla di “finta morte di Giuliano” e di “presunto omicidio” vista la sua certezza che “a morire al posto di Giuliano fu una giovane vittima la cui unica colpa è stata soltanto quella di somigliare al bandito più famoso di tutti i tempi cioé Salvatore Giuliano”. Gregorio Di Maria, inoltre, avrebbe scagionato completamente Giuliano per la responsabilità nella strage di Portella della Ginestra. Luigi Simanella non ha voluto render noto il contenuto specifico del documento ma è pronto a consegnarlo alla magistratura da cui è già stato interrogato lo scorso 7 novembre, spiegando anche che a queste dichiarazioni di Di Maria, dopo la morte dell’avvocaticchio, “non era stato dato il loro giusto valore, da parte di chi le aveva raccolte, perché a maggio il “circo mediatico” su Giuliano non era ancora scoppiato. Adesso, leggendo i giornali e seguendo in televisione le vicende sul caso hanno deciso di affidare allo scrittore le estreme dichiarazioni dell’avvocaticchio che potrebbero, se confermate, far riscrivere completamente la storia. Una tesi che avvalora, comunque, le ipotesi avanzate dagli storici Giuseppe Casarrubea e Mario Cereghino. E’ stato a seguito di un loro esposto che 60 anni dopo la morte, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia ha riaperto l’inchiesta sulla morte del Re di Montelepre e disposto la riesumazione della salma sepolta nel cimitero del paese. Ma intanto, sul Gazzettino, il settimanale indipendentista edito nel catanese, Giuseppe Musumeci riporta foto, aneddoti, racconti e analisi storiche che cozzano con alcune valutazioni sinora diffuse in alcune pubblicazioni anche di Casarrubea, così come sostiene il nipote del bandito Giuliano, figlio della sorella Mariannina, Giuseppe Sciortino che è in attesa di sottoporsi al test del dna per accertare l’identità della salma riesumata.

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