MAFIA. SOTTO INCHIESTA LA MADRE, LA MOGLIE, UN COGNATO E DUE PARENTI DI GIOVANNI BRUSCA

Giovanni Brusca, ufficialmente pentito dal 1996, non avrebbe mai troncato i suoi rapporti con la Sicilia. Soprattutto, i rapporti illeciti. Secondo la Procura di Palermo, una rete di prestanome – fra San Giuseppe Jato e Piana degli Albanesi – l’avrebbe aiutato ad occultare un patrimonio di cui non ha mai parlato. Ecco perché adesso Brusca è indagato per riciclaggio, intestazione fittizia di beni e persino per tentata estorsione aggravata, avendo cercato di recuperare i soldi di un vecchio investimento immobiliare a Palermo con una lettera dai toni mafiosi, inviata alla moglie di un ex favoreggiatore. Nel registro degli indagati è finita anche la moglie di Brusca, Rosaria Cristiano: è accusata di riciclaggio. Poi, l’anziana madre, Antonia, che deve rispondere di ricettazione: i carabinieri del Gruppo di Monreale hanno perquisito la sua abitazione, a San Giuseppe Jato, e un deposito in campagna, dove hanno sequestrato una ventina di quadri di autori contemporanei. La stessa accusa di ricettazione è contestata a uno zio del pentito, Mario Brusca. Sotto accusa, pure lui per tentata estorsione, c’è un cugino dell’ex boss di San Giuseppe Jato, Giuseppe, che avrebbe fatto da postino, per consegnare la lettera di minacce alla moglie del prestanome. Il fratello della moglie di Brusca, Gioacchino Cristiano, di Piana degli Albanesi, è invece indagato per fittizia intestazione di beni: avrebbe fatto da prestanome per un magazzino, a Piana. Di intestazione fittizia rispondono pure due imprenditori: Domenico Simonetti, di San Giuseppe Jato, e Luigi Mincone, ufficialmente residente a Milano ma di fatto abitante a Chieti. È indagata pure la moglie di Mincone, Antonia Di Giani, per la ricettazione di alcune somme di denaro, “in concorso” con la moglie del pentito. È adesso Rosaria Cristiano al centro delle indagini dei carabinieri: nella sua abitazione, in una località segreta, i militari hanno trovato 188 mila euro in contanti. Secondo gli inquirenti sarebbero il frutto di attività economiche o della gestione di immobili di cui il pentito non ha mai parlato. I militari, diretti dal tenente colonnello Pietro Salsano, ne hanno appreso l’esistenza intercettando Brusca e i suoi familiari. Nei dialoghi si parla anche di altri immobili: nei prossimi giorni, i carabinieri effettueranno delle visure per cercare di individuarli. I magistrati si aspettano naturalmente un contributo importante da parte dello stesso Brusca e dei suoi familiari. La moglie del pentito resta in una posizione difficile perché rischia anche lei l’espulsione dal programma di protezione, per alcune gravi violazioni al codice di comportamento a cui devono attenersi i familiari dei collaboratori. La donna sarebbe tornata più volte in Sicilia, ma senza scorta. Adesso, gli investigatori vogliono capire se quei viaggi erano solo di piacere, per incontrare i parenti siciliani, oppure se nascondevano incontri riservati per la gestione del patrimonio di famiglia. Ieri pomeriggio, è iniziato l’esame dei venti quadri sequestrati, anche grazie alla collaborazione degli investigatori del nucleo tutela culturale dell’Arma. Bisogna scoprire se quelle tele siano state rubate.

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