ALCAMO MARINA. STRAGE CASERMETTA: REVISIONE PROCESSO PER GIUSEPPE GULOTTA

FONTI ON LINE:
“MARSALA.IT”
“LA NAZIONE”
L’ex maresciallo Renato Olino sarà sentito oggi nell’ambito del processo di revisione a carico di Giuseppe Gulotta, condannato per la strage della casermetta di Alcamo Marina del 27 Gennaio 1976, in cui furono uccisi barbaramente nel sonno i due militari Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, e furono rubate, dopo la strage, armi, munizioni e divise. Rivelazioni che l’ex carabiniere aveva già fatto al sostituto procuratore di Trapani nel 2007 e che hanno permesso agli avvocati, Baldassarre Lauria e Pardo Cellini, di chiedere alla Cassazione la revisione del processo a carico di Gulotta che l’ergastolo lo sta scontando dal ’90, nel carcere di Ranza di San Gimignano in provincia di Siena. Una speranza si è accesa nell’autunno del 2007, quando Renato Olino, brigadiere in congedo dei carabinieri del Nucleo antiterrorismo, che indagò sul duplice omicidio, rivelò al sostituto procuratore di Trapani che la confessione di Gulotta, effettivamente, fu estorta con la violenza. Ci sono voluti tre anni di battaglie legali per ottenere la revisione del processo. Olino avrebbe affermato chiaramente che ai ragazzi accusati, le confessioni furono estorte con violenza. Vennero messi nelle loro bocche imbuti e versati al loro interno grossi quantitativi di acqua e sale. Gli accusati furono picchiati e venne usato anche un “telefono da campo” in grado di produrre scariche elettriche per torturare ulteriormente i fermati. Oggi, a distanza di 34 anni dai fatti, la testimonianza di Olino, sarà ascoltata dai giudici della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria (cui è stato affidato il nuovo processo). Le rivelazioni dell’ex brigadiere Olino hanno portato sotto inchiesta anche gli altri militari che indagarono sulla strage della casermetta di Alcamo Marina, che chiamati a rispondere davanti al pm nonostante la conclamata prescrizione si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Da loro nessuna conferma ma neanche alcuna smentita. Dell’uccisione di Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, oltre a Giuseppe Gulotta che adesso ha ottenuto la revisione del processo, furono accusati anche Giovanni Mandalà, un bottaio di Partinico e gli alcamesi Giuseppe Vesco, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrandelli. Fu Vesco a fare arrestare i ragazzi ma dichiarò anche di essere stato torturato. Dopo qualche mese da quel tragico gennaio 1976 Vesco aveva provato a scagionare i presunti complici, purtroppo senza riuscirci. Poi, il 26 ottobre del 1976, pochi giorni prima di essere ascoltato dagli inquirenti, Giuseppe Vesco, nonostante avesse un arto imputato, si suicidò, venne ritrovato impiccato alle sbarre della finestra della sua cella. Giovanni Mandalà, è deceduto di morte naturale dopo essersi fatto diversi anni di carcere, mentre Santangelo e Ferrantelli, si sono rifugiati in un paese del Sudamerica che non ha accordi di estradizione con l’Italia. «Il mio calvario — racconta Giuseppe Gulotta a “La Nazione”, quotidiano di Firenze— cominciò quel maledetto giorno di molti anni fa quando insieme ad altri due giovani alcamesi fummo sospettati di aver ucciso l’appuntato Salvatore Falcetta e il militare Carmine Apuzzo che dormivano in caserma. Gli inquirenti che facevano parte di un commando antiterrorismo di Napoli, mandato apposta per indagare sul caso, ci arrestarono e ci sottoposero ad un terribile interrogatorio dove ci torturarono per farci confessare». Gulotta, che adesso ha 53 anni, in tutto questo tempo si è sempre professato innocente. Per la sua buona condotta –scrive La Nazione- gli è stato concesso anche il regime di semilibertà: di giorno lavora come muratore a Poggibonsi, quando smonta raggiunge a Certaldo la sua compagna Michela (dalla quale ha avuto anche un figlio, William di 22 anni), ma a mezzanotte è costretto a tornare in cella. Giuseppe Gulotta, intanto continua a gridare la sua innocenza.

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