MAFIA. AL VIA IL PROCESSO A CARICO DI SALVATORE CUFFARO
Si sta svolgendo nell’aula 24 del nuovo palazzo di giustizia di Palermo la prima udienza del processo a carico dell’ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo si svolge a porte chiuse perche’ e’ con il rito abbreviato. Proprio di recente, Cuffaro era stato condannato, sempre a Palermo, a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. L’accusa e’ rappresentata dai pm Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene. Cuffaro e’ presente in aula.
“Affronto questo nuovo processo con grande serenità. Rispetto la magistratura e accetterò qualunque decisone”. Lo ha detto l’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro che parteciperà al processo a suo carico per concorso in associazione mafiosa appena cominciato davanti al gup di Palermo Vittorio Anania. Per scelta dell’imputato il procedimento sarà celebrato col rito abbreviato. Rispondendo ai cronisti, Cuffaro si è detto certo della serenità del giudice.
“Per la Sicilia mi auguro che non ci sia un nuovo caso Cuffaro”. Lo ha detto l’ex governatore siciliano, auspicando che la vicenda giudiziaria che vede protagonista il nuovo presidente della Regione, Raffaele Lombardo, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa abbia un esito differente da quella da lui vissuta e conclusasi con una condanna per favoreggiamento aggravato e con le sue dimissioni.
DIFESA CUFFARO: NON LO SI PUO’ PROCESSARE DUE VOLTE PER STESSO REATO. La difesa dell’ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, chiede al gup di dichiarare il non doversi procedere per l’ex governatore sollevando l’eccezione del ‘ne bis in idem’, perche’ “e’ gia’ stato processato per gli stessi reati”. Ma i pm del processo, Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene, si oppongono affermando che le contestazioni sono diverse. Spetta adesso al gup di Palermo Vittorio Anania sciogliere la riserva. La prossima udienza e’ stata fissata per il 29 aprile.
Nel corso dell’udienza, il pm Antonino Di Matteo ha ribadito: “Noi contestiamo all’imputato Cuffaro condotte diverse da quelle che gli venivano contestate nel dibattimento di primo e secondo grado”. Di recente Cuffaro e’ stato condannato a sette anni di carcere nel processo d’appello per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. E secondo i difensori non puo’ essere processato adesso per concorso esterno in associazione mafiosa perche’ si tratta della contestazione “degli stessi fatti”.
Ma i pm non sono d’accordo. “Noi contestiamo a Cuffaro di avere, prima nella sua veste di politico di spicco nella Democrazia cristiana, successivamente nell’Udeur e nel Cdu e dal 24 giugno 2001 come presidente della Regione, contribuito al sostegno di Cosa nostra intrattenendo rapporti diretti o mediati con esponenti di Cosa nostra mettendo a disposizione dell’associazione il proprio ruolo”. Di Matteo sottolinea: “Contestiamo a Cuffaro un’ipotesi di concorso esterno. Un patto politico-elettorale mafioso che non ha formato oggetto di contestazione nel primo processo”.
I pm ribadiscono che nel primo processo sono stati contestati in particolare due episodi, avvenuti nel 2001 e nel 2003, quando Cuffaro avrebbe causato una fuga di notizie di indagini in corso. “Ora invece -dicono i pm Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene- contestiamo a Cuffaro un patto politico-elettorale mafioso avvenuto nell’arco di tempo che va da quando esisteva ancora la Dc, dal ’91, fino al periodo successivo alla sua elezione di presidente della Regione”. Quindi, i pm hanno citato alcuni collaboratori di giustizia.
“CHIESI VOTI A SIINO MA NON SAPEVO CHI FOSSE” – “Ho sempre ammesso di avere incontrato Angelo Siino nel ’91 e di avergli chiesto i voti, ma non sapevo che era un mafioso e non lo sapevano nemmeno gli inquirenti, che infatti, non lo avevano ancora arrestato”. Lo ha detto, al termine dell’udienza del processo che lo vede imputato di concorso in associazione mafiosa, l’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro. Il politico ha così commentato una delle contestazioni fattegli dalla procura che lo accusa di avere stretto un patto politico-elettorale-mafioso con Cosa nostra fin dagli anni ’90. ”Peraltro – ha proseguito – Siino mi disse che doveva sostenere altri candidati e che non mi avrebbe votato”. L’ex governatore, attraverso i suoi legali, ha sollevato l’eccezione del “ne bis in idem”, sostenendo che alla base del processo ci sono le stesse contestazioni per cui è già stato condannato per favoreggiamento aggravato. “Era stata la stessa procura – ha concluso – a sostenere l’insussistenza del concorso in associazione mafiosa. Ora, a quanto pare, si ricomincia daccapo. Cercherò di affrontare con serenità anche quest’altro sacrificio”.