RITO ABBREVIATO PROCESSO CARTHAGO. CHIESTE PENE PER 77 ANNI
Pene complessive per 77 anni di carcere sono state chieste dai pubblici ministeri Francesco Del Bene ed Anna Maria Piccozzi per gli nove imputati al Processo Carthago del mandamento mafioso di Borgetto e Partinico che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. L’accusa ha chiesto 12 anni per il boss Nicolò Salto e 6 anni per il figlio Antonino. 9 anni per Francesco D’Amico, mentre per il figlio Giuseppe 6 anni. Pene più apre per Gaspare Bacarella e Salvatore La Puma, per i quali sono stati chiesti 15 anni a testa. Sei anni per il fratello minore di Gaspare Bacarella, Giuseppe, e per Andrea D’Arrigo. Tutti e otto sono di Borgetto, mentre per il partinicese Nunzio Tocco, sono stati chiesti 2 anni. Hanno preso la parola in aula oggi, anche i legali delle parti civili: l’avvocato Salvatore Palazzolo, -il sindaco di Cinisi- per il Comune di Borgetto e il terrasinese Giacomo Palazzolo, che difende il Comune di Partinico. Nel processo si sono dichiarate parte lese anche la Provincia Regionale di Palermo, Confindustria Sicilia e Addio Pizzo. Domani le arringhe della difesa. Ed entro la prossima settimana potrebbero già arrivare le sentenze di condanna per i 9 imputati, che avendo scelto il rito abbreviato usufruiscono della sconto di un terzo della pena. Intanto il 22 marzo prossimo comincerà il processo per gli altri otto imputati del processo Carthago che hanno scelto di essere giudicati col rito ordinario.
Ieri, uno dei nove imputati, si è dissociato pubblicamente in un’aula dal delitto dell’avvocato Enzo Fragalà. Si tratta di Andrea D’Arrigo, 69 anni, uomo d’onore di Borgetto.
Tre degli imputati del processo Carthago, erano difesi proprio dal penalista assassinato a bastonate, all’uscita del suo studio legale proprio di fronte al Palazzo di giustizia di Palermo.
Prima di iniziare il dibattimento il gup Lorenzo Matassa aveva voluto ricordare il legale ucciso, ma subito dopo, uno degli imputati, Andrea D’Arrigo, considerato vicino al clan dei Vitale di Partinico, ha aggiunto, come riportato oggi dal Giornale di Sicilia : “Anche noi siamo d’accordo con quello che ha detto il giudice”. Ma “noi” chi? Viene da chiedersi.
Una presa di posizione chiara che i giudici non sottovalutano. Il segnale ora non è più generico: D’Arrigo avrebbe potuto tacere e limitarsi a rimanere in piedi. Invece, il borgettano, che non era cliente di Fragalà, ha preso la parola in proprio quel momento.
E’ la prima chiara dissociazione, dopo le smentite ufficiose e gli altri messaggi lanciati dal carcere da singoli detenuti. Finora nessun detenuto, nessun imputato di mafia aveva mai aperto bocca per dire ufficialmente, in udienza, una parola. D’Arrigo lo ha fatto. Gli inquirenti non si sbilanciano, ma guardano con attenzione alle sue spontanee dichiarazioni.
Il processo con il rito abbreviato nei confronti degli imputati coinvolti nell’operazione Chartago, che nel gennaio dello scorso anno ha portato in carcere 17 presunti mafiosi di Borgetto e Partinico, è iniziato ieri. Davanti ai giudici, sono comparsi il boss Nicolò Salto e il figlio Antonino, Giuseppe Bacarella , Andrea D’Arrigo, Salvatore La Puma, Francesco e Giuseppe D’amico, tutti di Borgetto e Nunzio Tocco di Partinico. Questi ultimi tre erano difesi dall’avvocato Enzo Fragalà.