CASO LOMBARDO. SECONDO “LA REPUBBLICA” RISCHIA L’ARRESTO. IL GOVERNATORE: “MAI FATTO AFFARI”
“Nel palazzo di giustizia di Catania c’è fibrillazione dopo le anticipazioni pubblicate ieri dal quotidiano “la Repubblica” sull’inchiesta che vede indagati per concorso esterno in associazione mafiosa il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, leader del Movimento per l’Autonomia e suo fratello Angelo, deputato nazionale dello stesso partito. Notizie arrivate proprio nei giorni in cui i magistrati del pool cui è stata affidata l’inchiesta, il propcuratore aggiunto Giuseppe Gennaro e i sostituti Agata Santonocito, Iole Boscarino e Antonino Fanara, che da due anni in gran segreto hanno raccolto prove e riscontri sulle presunte connivenze dei due uomini politici, accusati anche da collaboratori di giustizia. I pm stanno lavorando alla richiesta di ordine di custodia cautelare nei confronti dei fratelli Lombardo da passare alla firma del procuratore Vincenzo D’Agata, prima di essere sottoposta al vaglio dell’ufficio del Gip”.
L’articolo riportato su Repubblica è firmato dai giornalisti Francesco Viviano e Alessandra Ziniti.
Ieri il capo della Procura, confermando indirettamente l’inchiesta a carico del governatore, ha parlato di una “matrice politica” della fuga di notizie. “I giornalisti fanno il loro corretto mestiere – ha affermato – ben diversa è la funzione del magistrato che da matrici, interessi e strumentalizzazioni politiche deve e intende restare assolutamente estraneo”.
Dichiarazioni che lasciano trapelare un evidente imbarazzo in una Procura, da molto tempo alle prese con un’inchiesta complessa che sei mesi fa, con una decisione passata sotto silenzio, il gip ha rifiutato di archiviare come chiedeva allora la Procura, e che ora sembra aver ritrovato nuovo vigore con riscontri dell’ultima ora compendiati nel corposo rapporto depositato dal Ros.
Appoggio elettorale in cambio di favori, appalti e posti di lavoro. Ci sono ore e ore di intercettazioni telefoniche e ambientali.
Vincenzo Aiello, arrestato ad ottobre scorso durante un summit di mafia, sarebbe stato il “contatto” dei Lombardo con le cosche. Agli atti dell’inchiesta anche fotografie, filmati e documenti relativi a decine e decine di appalti, nomine e forniture pubbliche regionali, soprattutto nel settore della sanità, dei rifiuti e della formazione professionale. Fiumi di denaro e assunzioni clientelari nell’amministrazione pubblica, non soltanto regionale, negli Ato rifiuti, nei consorzi e nelle società di servizi, nelle Province e nei Comuni dove l’Mpa ha assunto sempre più potere con una campagna acquisti anche tra le altre forze politiche senza precedenti negli ultimi anni.
Gli investigatori hanno anche scoperto la rete dei “postini” che avrebbero trasmesso i messaggi di mafiosi e di imprenditori amici al presidente Raffaele Lombardo ed al fratello Angelo. “Postini” indispensabili perché, come hanno rivelato le intercettazioni a mafiosi e negli ambienti politici, Raffaele Lombardo era “ossessionato” dalla possibilità di essere intercettato. Ma i mafiosi, durante i loro incontri, parlavano della cosidetta “barriera” che Raffaele Lombardo aveva eretto per non essere raggiunto telefonicamente. Qualche boss si lamentava: “Da quando è stato eletto presidente non ci si può parlare più”, mentre altri “comprendevano” e “giustificavano” le precauzioni del Presidente.
Uno dei capitoli più consistenti dell’inchiesta riguarda poi gli appalti di cui spesso parlavano durante i summit di mafia i boss catanesi che, in cambio di un aiuto, avrebbero sostenuto elettoralmente i due fratelli. Un nuovo pentito ha svelato questi intrecci tra mafiosi e politici tracciando una mappa di tutti gli interessi economici, grandi e piccoli, che non riguarderebbero soltanto la Sicilia orientale, ma anche Palermo, Agrigento e Trapani.
La notizia era già rimbalzata ieri come indiscrezione. E l’articolo di “Repubblica” aggiunge sostanza all’indiscrezione secondo cui il presidente della Regione, indagato a Catania, potrebbe rischiare l’arresto. Al momento si tratta di un’eventualità remota. Ove si concretizzasse, sarebbe l’ennesimo tsunami sulla politica regionale.
Ma il governatore della Regione Siciliana respinge tutte le accuse. “Io non faccio affari” ha dichiarato