MAFIA. ARMI: CONFERMATE CONDANNE PER 4 BOSS DI S.GIUSEPPE JATO
Dopo 14 anni arriva la conferma della condanna per detenzione illegale di armi per quattro boss di San Giuseppe Jato. Pene per quasi 40 anni sono state inflitte a Giovanni ed Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Francesco La Rosa. Tutti e quattro sono attualmente detenuti. I fatti rislgono al 1996 quando in un casolare dei Brusca, nelle campagne di quello che fu il loro regno, vennero rivenuti fucili, pistole bazooka, kalashnikov, munizioni e bidoni utilizzati per conservare esplosivo. L’arsenale fu ritrovato prima sulla base delle dichiarazioni del pentito Giuseppe Monticciolo e poi di quelle degli stessi proprietari, oggi pentiti Giovanni Brusca e Vincenzo Chiodo, che adesso sono stati condannati dalla prima sezione della Corte d’appello di Palermo, rispettivamente a 13 e 6 anni, anche Enzo Brusca ha avuto una pena di 6 anni. Mentre Francesco La Rosa, l’unico rimasto fedele a Cosa Nostra, infatti non si è mai pentito, è stato condannato a 13 anni.
Il bunker in cui erano custodite le armi, fu utilizzato anche per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido dopo tre anni di prigionia. L’arsenale di San Giuseppe Jato, era a disposizione della mafia, per qualsiasi evenienza come è emerso durante il processo. Diverse armi, furono ritrovate con le matricole abrase, altre invece erano inutilizzabili perché danneggiate dall’umidità. Non sarebbe stato ancora chiarito, comunque, in quali omicidi abbiamo sparato. Certo è però, che una è stata utilizzata per eliminare Giuseppe Giammona, il 28 gennaio 1995 a Corleone. Un delitto tornato alle cronache due giorni fa, dopo che il Viminale ha rigettato la richiesta della madre della vittima, Caterina Somellini di ottenere i benefici concessi alle vittime della mafia. La donna è la madre anche di Giovanna Giammona, assassinata insieme al marito Francesco Saporito, il 25 febbraio del 1995, davanti ai due figlioletti scampati all’agguato. Vennero all’epoca imputati per gli omicidi e poi condannati: Leoluca Bagarella, Leonardo e Vito Vitale, Giovanni Brusca considerati gli autori materiali e Giovanni Riina. A far scattare la vendetta dei boss sarebbe stato il timore che i Giammona fossero coinvolti in un progetto di rapimento del figlio di Riina. Caterina Somellini, la madre di Giovanna e Giuseppe Giammona, e suocera di Francesco Saporito decise allora di costituirsi parte civile. Il 2 novembre del 2000 hanno fatto la stessa scelta anche i due figli minorenni delle vittime. Nel frattempo la signora Somellini ha presentato la domanda come tutrice dei nipoti, per usufruire dei benefici per le vittime di mafia. Ma a distanza di 15 anni la Commissione del Ministero ha rigettato la sua richiesta perché “non è stata provata” la totale estraneità dei due Giammona alla criminalità organizzata.