MAFIA. LA SFIDA DEI CLAN DIETRO L’OMICIDIO DI CORLEONE
Il delitto dell’imprenditore Nicolò Romeo, freddato lunedì pomeriggio a colpi di lupara, nelle campagne tra Corleone e Monreale, potrebbe essere un modo per dare un segnale nella battaglia per il comando del territorio Corleonese. Potrebbe trattarsi di un omicidio simbolo. Per dire che, dopo l’arresto del capomafia di Altofonte, Mimmo Raccuglia, ci sono nuovi boss che si affacciano alla finestra per comandare nella storica zona che fu il regno dei padrini Riina e Provenzano. Sugli affari della vittima, padron della Alizoo e Bioroman, aziende leader nelle produzioni di mangimi, uova e prodotti per l’allevamento, indagano il pm della Direzione distrettuale antimafia Marzia Sabella e i carabinieri di Monreale, con il coordinamento del procuratore Francesco Messineo. I militari avrebbero già convocato 50 dipendenti delle due aziende, di cui Romeo era titolare, che saranno ascoltati nelle prossime ore. A quanto pare, la vittima ha ricevuto una telefonata al suo cellulare pochi minuti prima dell’agguato. Forse doveva incontrare qualcuno che conosceva e quel qualcuno potrebbe essere l’assassino. Sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori, anche i conti bancari dell’imprenditore e il danaro -2mila euro in contanti e 4mila in assegni- trovati nelle tasche di Nicolò Romeo. Intanto sul cadavere è stata già eseguita l’autopsia. Ai medici legali del Policlinico di Palermo non è stato possibile ricostruire se a colpire Romeo siano stati uno o più colpi di pistola, dato che il cranio dell’imprenditore è scoppiato sotto la pioggia di pallettoni. Nicolò Romeo era fratello di Pietro, scomparso nel 1997, col metodo della lupara bianca. Una sparizione avvolta nel mistero per tanti anni. Secondo le dichiarazioni di un terzo fratello Romeo, Salvatore, Pietro, non aveva voluto schierarsi nella battaglia per il potere tra Mimmo Raccuglia e Balduccio Di Maggio per il predominio su San Giuseppe Jato. Infatti secondo il pentito Giovanni Brusca, Romeo sarebbe stato eliminato perchè cercava di accrescere la sua influenza proprio a San Giuseppe Jato a scapito di Raccuglia. Insomma due fratelli, Nicolò e Pietro Romeo, finiti nel vortice mafioso per il predominio dei territori tra città e provincia. Per quanto riguarda la lotta per la leadership nella Valle dello Jato, anche i collaboratori di giustizia hanno fornito informazioni sugli assetti del mandamento di San Giuseppe Jato, dove è appunto maturato l’omicidio di due giorni fa. Gaspare Pulizzi, ex mafioso di Carini, vicino al clan di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, ha fatto il nome del presunto capo. “Dopo l’arresto di Giovanni Genovese, avvenuto nei primi mesi del 2007 –dichiara il pentito- il nostro referente a San Giuseppe Jato divenne Giuseppe Caiola. I rapporti tra Caiola e Lo Piccolo erano garantiti dal carinese Ferdinando Gallina”. Dunque il superboss di San Lorenzo, nemico giurato di Raccuglia, aveva solidi agganci da quelle parti. L’agguato di lunedì pomeriggio è forse un modo per fare capire chi comanda nella valle dello Jato.