MAFIA. I PIZZINI DI MIMMO RACCUGLIA SVELANO “PIANI DI MORTE”
Potrebbe nascondersi un disegno criminale o addirittura una strage dietro un episodio accaduto il 16 novembre scorso sulla Strada Provinciale 7 che collega Montelepre a Bellolampo, quando l’arteria fu resa impraticabile per circa quattro ore dal riversamento di un notevole carico di calcestruzzo fresco. Il danneggiamento potrebbe non essere stato casuale perché forse qualcuno doveva recuperare “qualcosa” di molto importante e pericoloso proprio nei pressi del poligono di tiro dell’esercito nella zona di Bellolampo, proprio il giorno dopo la cattura dell’ex boss latitante di Altofonte Domenico Raccuglia. Quel qualcuno potrebbe essere un suo affiliato e quel qualcosa potrebbe essere esplosivo. Su questa ipotesi si concentrerebbe l’attenzione di chi indaga sui 45 pizzini trovati nel covo di Calatafimi.
Dall’analisi di quattro messaggi, gli inquirenti suppongono che la mafia stesse preparando un attentato. Un’autobomba doveva essere fatta saltare e, secondo il settimanale “L’Espresso” il piano di morte scoperto dalla Catturandi, potrebbe essere stato preparato per il procuratore aggiunto di Palermo Antonino Ingroia, che possiede una villa proprio a Calatafimi, esattamente dove si nascondeva Mimmo Raccuglia.
Il progetto era segnato su un block notes che il latitante teneva nascosto in una sacca. Su quattro righe, vergate a mano, il boss descriverebbe tutto quello che occorre per attrezzare un’automobile carica di esplosivo e farla esplodere. I poliziotti adesso sarebero a caccia di altri elementi che possono aiutare a decifrare meglio questo messaggio. E in un altro ‘pizzino’, verrebbe fuori che il mezzo che il l’ex latitante voleva utilizzare come autobomba sarebbe stata trovato e sistemato a Palermo. In attesa di essere forse caricato di esplosivo. Gli investigatori ritengono, infatti, che anche l’esplosivo potrebbe gia’ essere nelle mani dei mafiosi. Insomma, tutto sembrava essere pronto.
Intanto, il fascicolo e’ stato trasmesso dai pm di Palermo ai colleghi di Caltanissetta, competenti nei casi in cui parte offesa e’ un togato del capoluogo siciliano. Inoltre si ipotizza che il numero uno di Cosa Nostra, il latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, fosse a conoscenza dei progetti stragisti di Raccuglia dato che trovò rifugio proprio nel suo territorio, il trapanese.
FONTE “GIORNALE DI SICILIA”