MAFIA. CATTURATO IL LATITANTE DI ALTOFONTE DOMENICO RACCUGLIA

E’ finita la latitanza del boss Domenico Raccuglia, detto il veterinario. Agenti della Catturandi lo hanno arrestato poco dopo le 17,30 di oggi nel territorio di Calatafimi. Raccuglia, 45 anni, si nascondeva in un appartamento di via del Cabbasino, alla periferia del paese della provincia di Trapani. Al momento dell’irruzione degli agenti era solo. Il capomafia ha tentato di fuggire dal terrazzo, ma è stato bloccato dai poliziotti che avevano circondato tutto l’edificio. Nell’abitazione, che sarebbe stato il suo covo da qualche giorno, sono state trovate diverse pistole.
Considerato il boss del clan di Cosa Nostra di Altofonte ed erede di Giovanni “lo scannacristiani” Brusca, oggi pentito, Domenico Raccuglia è nato il 27 ottobre 1964 ed era latitante dal 1996. Domenico Raccuglia era fino ad oggi l’uomo più ricercato della zona dopo Matteo Messina Denaro. Il 13 settembre 1999 erano state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. Adesso dovrà espiare la pena a vita.
Condannato a tre ergastoli per associazione di tipo mafioso, rapina, estorsione ed omicidio, Mimmo Raccuglia, nel 2007 era considerato uno dei possibili successori del boss dei boss Bernando Provenzano, ma la sua mancanza di forze armate e di potere economico sembra non avergli permesso di salire quel gradino.

A quanto pare la latitanza non gli ha impedito di continuare a gestire i suoi affari, tanto che nel 1998 il suo nome era stato accostato a quello di un gruppetto di persone che volevano metter da parte Provenzano, mentre notizie più recenti risalgono all’ottobre 2005, in relazione all’omicidio di Maurizio Lo Iacono nell’ambito del mandamento di Partinico. Durante la sua latitanza, oltre ad essere sfuggito più volte alla cattura, nonostante i servizi di osservazione disposti nei confronti della moglie, Raccuglia è riuscito a diventare padre per la seconda volta. Il boss era considerato uno degli aspiranti al vertice della mafia palermitana essendo il capo incontrastato delle cosche a Partinico.

La sua prima condanna all’ergastolo risale al 1994 quando, su ordine di Giovanni Brusca, uccise Girolamo La Barbera, padre del pentito Gioacchino, uno dei testimoni chiave nel processo per l’omicidio di Giovanni Falcone. Era latitante da quindici anni. Domenico, “Mimmo”, Raccuglia era uno degli eredi di Bernardo Provenzano, uno dei componenti del nuovo gotha della mafia siciliana. Si nascondeva in una palazzina del centro storico di Calatafimi che si trova in via Cabbasino.
Da una quindicina di giorni gli investigatori erano sulle tracce del latitante: oggi pomeriggio, di concerto con i magistrati della Direzione disttrettuale antimafia di Palermo, è stata decisa l’irruzione, eseguita, poco dopo le 17,30, dai poliziotti della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo e dai colleghi del Servizio centrale operativo. Raccuglia, che era armato con due pistole, ha tentato una fuga sui tetti, ma è stato bloccato poco dopo.

Nel suo covo sono stati trovati documenti e pizzini, adesso al vaglio del pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che ha curato le indagini assieme ai sostituti Roberta Buzzolani e Francesco Del Bene.

“Abbiamo fermato un capomafia in piena operatività”, dice il pm Buzzolani. “Raccuglia, che ha 43 anni, era cresciuto all’ombra di padrini di rilievo come Giovanni Brusca, con loro aveva compiuto efferati crimini, come l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Mario Santo. Oggi, forte di quella esperienza, Raccuglia era uno dei protagonisti della riorganizzazione mafiosa”.

Probabilmente, non era un caso che Raccuglia si nascondesse in provincia di Trapani. I magistrati sospettano un’alleanza forte con il superlatitante Matteo Messina Denaro, ritenuto ormai al vertice di Cosa nostra siciliana.

Da Altofonte, il centro della provincia palermitana dove ha vissuto prima della latitanza, aveva esteso il suo potere in tutto il territorio della provincia, questo dicono le indagini. Fra i suoi affari, la gestione delle estorsioni e degli appalti “aggiustati”.
(FOTO LIVESICILIA.IT)

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