MAFIA. BENI PER 15 MLN SEQUESTRATI AI MADONIA-DI TRAPANI

Ville, appartamenti, esercizi commerciali, terreni e fabbricati ubicati nei comuni di Palermo, Carini, Cinisi, Isola delle Femmine, è il patrimonio illecito, occultato attraverso una fitta rete di prestanome, originariamente riconducibile ai defunti Francesco Madonia (deceduto in carcere nel 2007) e Francesco Di Trapani (morto nel 1992), rispettivamente capo e reggente del mandamento mafioso di Resuttana. Il patrimonio sequestrato dai carabinieri del ROS, ammonta a circa 15 milioni di euro. Il provvedimento è scaturito dall’indagine denominata REBUS e condotta dai Pubblici Ministeri Gaetano Paci e Domenico Gozzo, nei mesi scorsi aveva già portato all’emissione di misure restrittive nei confronti di 10 indagati, perciò costituisce la prosecuzione dell’azione investigativa su Cosa Nostra palermitana. Fino alla conclusione delle attività investigative il complesso immobiliare a Palermo, Carini, Cinisi, Isola delle Femmine, era controllato e gestito dagli appartenenti alle due famiglie, peraltro imparentate ed al vertice della “cupola cittadina”.
Le indagini, iniziate nel 2006, è stata incentrata sulla famiglia “Madonia-Di Trapani” in quanto epicentro delle dinamiche interne al mandamento di Resuttana anche nelle interazioni con le altre cosche di Cosa Nostra, avendo avuto peraltro un ruolo di prim’ordine nell’ascesa dei corleonesi ai vertici dell’organizzazione mafiosa. Storico alleato di Salvatore Riina fu infatti proprio Francesco Madonia che ha introdotto all’interno di Cosa Nostra i figli Antonino, Giuseppe e Salvatore, considerati il braccio armato dell’associazione. Le indagini hanno anche evidenziato la penetrabilità del 41 bis; infatti, Maria Angela Di Trapani ed Aldo Madonia ricevevano disposizioni proprio dai parenti detenuti. In particolare la donna
ha svolto un’essenziale funzione di raccordo operativo tra il vertice del mandamento in carcere e i reggenti in libertà, ed anche una puntuale azione nell’attuazione delle direttive ricevute per la gestione dell’ingente patrimonio occulto. Solo a seguito della decriptazione del linguaggio convenzionale utilizzato nei colloqui carcerari è stato possibile accertare che i detenuti e la Di Trapani, per riferirsi ai membri dell’organizzazione, tra i quali l’allora latitante Salvatore Lo Piccolo, utilizzavano i nomi delle consorti ovvero metafore attinenti lo stato di salute per comunicare gli introiti illeciti in favore della famiglia. Peraltro, sempre attraverso la DI TRAPANI il marito Salvatore Madonia ha inoltre tentato di far ritrattare un collaboratore di giustizia che con le sue dichiarazioni aveva contribuito a definire in un altro procedimento le responsabilità dello stesso detenuto.
Complessivamente all’esito delle indagini, sono state segnalate all’Autorità Giudiziaria 53 persone, indagate a vario titolo per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, favoreggiamento ed altri reati.

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