GIOVANNI CIANCIMINO: “MIO PADRE NON CREDO TRATTASSE CON MORI E DE DONNO”
“Mio padre mi chiese consigli giuridici su una lista di richieste che aveva in mano. In particolare, se fosse possibile la revisione del maxiprocesso.
Io gli risposi immediatamente di no”. Lo ha detto Giovanni Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, e fratello di Massimo, sentito dalla seconda sezione del Tribunale di Palermo nel processo a carico del prefetto Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Giovanni Ciancimino e’ stato ascoltato come testimone a conferma delle dichiarazioni del fratello Massimo sul cosi’ detto ‘papello’, le richieste di Cosa Nostra allo Stato per chiudere la stagione delle stragi. “Ne parlammo -ha aggiunto- venti o venticinque giorni dopo la strage di Capaci e comunque sicuramente prima della strage di via D’Amelio. Io litigai ferocemente con mio padre perche’ fino a quel momento mi aveva convinto di essere del tutto estraneo a vicende di mafia e gli dissi pure, in tre diverse occasioni quando parlammo di questi fatti, che era inconcepibile il contenuto di quelle richieste”. Il testimone ha poi puntualizzato che il padre gli disse che “personaggi altolocati” lo avevano “investito” di una missione importante, “necessaria per fare cessare quella mattanza”. Alla domanda del presidente Mario Fontana, che gli aveva chiesto se i personaggi alotolocati fossero stati indicati da Vito Ciancimino, in Mori e nel capitano Giuseppe De Donno, Giovanni Ciancimino ha risposto: “E’ una mia convinzione, non so quanto possa valere, ma con tutto il rispetto per Mori e De Donno mio padre non riteneva che loro fossero personaggi altolocati”.