MAFIA. E’ CACCIA ALLO 007 CON LA FACCIA DI MOSTRO
“Io l’ho visto l’uomo dalla faccia di mostro che tutti cercano. E’ venuto a casa mia, voleva mio figlio. Quel tizio non e’ solo implicato nei fatti di Capaci e di via D’Amelio, ha fatto la strage in casa mia, quella in cui sono morti mio figlio Nino, mia nuora e mia nipote”. A parlare e’ Vincenzo Agostino, padre dell’agente di polizia Antonino, morto con la moglie incinta nel 1990 in circostanze ancora misteriose e sulle quali si indaga a distanza di 19 anni. L’uomo dalla faccia sfregiata, un agente dei servizi segreti, di cui parlano in diversi e che potrebbe essere uno degli “anelli mancanti”, colui che potrebbe spiegare la trama delle intimidazioni e delle grandi stragi di mafia su cui la procura di Caltanissetta guidata da Sergio Lari ha riaperto nuovi filoni di inchieste: dal ritrovamento di cinquantotto candelotti di dinamite all’Addaura, nella scogliera davanti alla casa di Giovanni Falcone, nel giungo dell’89, agli eccidi di Capaci e di via D’Amelio. In una sorta di strategia della paura che arriva fino ai Georgofili, a Firenze, e a via Palestro, a Milano. Bombe e morti per fermare i quali mafia e pezzi di Stato erano pronti a firmare un patto i cui contenuti erano definiti nel cosiddetto “papello” di Toto’ Riina, che il figlio di don Vito, Massimo Ciancimino, si e’ detto pronto a consegnare ai giudici che raccolgono le sue dichiarazioni e che ieri lo hanno sentito ancora, ricevendo nuove carte. “Due persone vennero a cercare mio figlio al villino – racconta Agostino – Accanto al cancello, su una moto, c’era un uomo biondo con la faccia butterata. Per me era ‘faccia di mostro’. Quello che adesso cercano. Sono episodi agli atti”. Le ultime rivelazioni su Antonino Agostino, hanno svelato che era stato applicato alla ricerca dei latitanti e che, in qualche maniera, collaborasse con i servizi segreti.