GLI AFFARI ILLECITI DEL BOSS LATITANTE MATTEO MESSINA DENARO
Estorsioni e droga sono gli affari illeciti gestiti dal clan del boss latitante Matteo Messina Denaro, ma dall’indagine “Golem” che ha portato all’arresto di 13 fiancheggiatori del ricercato, emerge anche un forte interesse della mafia sulle olive e la produzione dell’olio, uno dei principali capitoli dell’economia della provincia di Trapani. A margine dell’attivita’ di indagine riguardante la conduzione dell’oleificio “Fontane D’Oro”, che e’ statao sequestrato, sono emersi chiari riferimenti al tentativo, da parte di due delle persone arrestate, Francesco Luppino e Franco Indelicato, di imporre i prezzi di mercato delle olive, la cui lavorazione costituisce uno dei settori imprenditoriali piu’ importanti del Belice tanto che Castelvetrano, il paese di Messina Denaro, e’ nota come “la citta’ delle olive”. Sul punto, sono in corso approfondimenti investigativi. Gli inquirenti hanno invece gia’ acquisito “elementi probatori, gravi, precisi e concordanti, circa la realizzazione, in nome e per conto della consorteria mafiosa capeggiata da Matteo Messina Denaro, di varie attivita’ delittuose, tra episodi di attivita’ estorsiva, traffico di cocaina e casi di trasferimento fraudolento di societa’ e beni, strumentali al mantenimento della vitalita’ funzionale delle cosche mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara”. Mario Messina Denaro, cugino del boss latitante, assieme a Giovanni Salvatore Madonia e a Leonardo Ferrante, avrebbe avviato un’estorsione nei confronti di un imprenditore edile alcamese, al fine di fargli sborsare una somma di centomila euro, per i lavori di costruzione di due palazzine, per complessivi 24 appartamenti, a Castelvetrano. Traffici di sostanze stupefacenti, ai quali era interessata la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara perche’ destinataria di singole partite di droga, sarebbero stati avviati da Domenico Nardo con Franco Indelicato, dopo l’avallo del capo famiglia Leonardo Bonafede. E’ stato inoltre accertato il trasferimento fraudolento di valori, pianificato e perpetrato da Francesco Luppino, con il concorso della moglie Lea Cataldo, del fratello Aldo Luppino, nonche’ dei fratelli Giuseppe e Franco Indelicato, finalizzato alla costruzione e alla successiva gestione dell’oleificio “Fontane D’Oro” a Campobello di Mazara. Le quote sociali sarebbero state fittiziamente intestate ai fratelli Indelicato, al fine di garantirne il controllo a Francesco Luppino eludendo le misure patrimoniali derivanti dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. L’autorita’ giudiziaria ha quindi richiesto e ottenuto il sequestro preventivo della societa’, dei relativi beni aziendali e delle quote societarie, per un valore complessivo di circa due milioni di euro.