UN GIRO MILIONARIO DI TRUFFE A SOCIETA’ FINANZIARE E’ STATO SCOPERTO DAI CC DEL COMANDO PROVINCIALE DI PALERMO.
Una presunta truffa ai danni di alcune società finanziarie è stata scoperta dai carabinieri del comando provinciale di Palermo che hanno eseguito dieci provvedimenti cautelari. Al vertice dell’organizzazione, secondo le accuse, una coppia di coniugi che è stata posta agli arresti domiciliari; gli altri provvedimenti notificati riguardano il divieto di dimora nei comuni di Palermo, Carini e Milano.
La banda si avvaleva di una schiera di “specialisti”, ognuno con un ruolo ben definito: il “procacciatore”, il “falsario”, il “venditore compiacente” e il meccanismo della presunta truffa era semplice: a persone che versavano in difficoltà economiche veniva proposto di partecipare al raggiro in cambio di piccoli compensi. L’organizzazione acquistava auto di piccola cilindrata richiedendo un finanziamento con false garanzie. Le vetture venivano poi rivendute a terzi acquirenti inconsapevoli, mentre le rate di pagamento non venivamo onorate.
Il giro d’affari ammonterebbe a oltre un milione di euro. Il sistema ruotava intorno a persone in difficoltà economiche ma senza protesti o altre pendenze finanziarie, ai quali veniva proposto di partecipare alla truffa dietro un modesto compenso. Le auto venivano poi rivendute a terzi, comunque in buona fede, mentre le rate accese non venivano pagate. L’indagine prende l’avvio da un’incontro dei carabinieri di Carini con una famiglia indigente, rientrata in patria dalla Germania. Sono loro a raccontare agli investigatori il raggiro. L’organizzazione, versando appena 50 euro, apriva conti correnti intestati ai soggetti che avrebbero dovuto fare i contratti con le finanziarie per l’acquisto di auto ad anticipo zero. Quando le società si rendevano conto del mancato pagamento delle rate, era ormai troppo tardi. A capo dell’organizzazione c’erano Antonio Messina, detto Tony, palermitano di 38 anni, e la sua convivente, Debora Saiola, 29 anni, che in una intercettazione minaccia uno dei malcapitati affinchè rettifichi il documento di identità. Emanuele Sturlese, 42 anni, era il falsario e si occupava di produrre certificati di pensione e tagliandi assicurativi. Massimo Palma, 41 anni, era l’ultimo anello della catena. L’organizzazione si serve di lui per rivendere le auto appena acquistate. Agisce per conto di un autosalone della provincia di Palermo. In molti casi è lui stesso a indicare al Messina le auto da acquistare, in funzione delle richieste di mercato.