OPERAZIONE CHARTAGO. LE ESTORSIONI A PARTINICO
<!– @page { margin: 2cm } P { margin-bottom: 0.21cm } –>
Secondo gli inquirenti non ci sono dubbi. Sotto il tiro degli esattori del pizzo del clan mafioso di Partinico e Borgetto c’erano pure il titolare di una farmacia veterinaria di Partinico, Pietro Rao e un artigiano, Salvatore Lo Manto, detto Totò Pomodoro. Salvatore La Puma e Gaspare Bacarella, fedelissimi di Nicolò Salto e Salvatore Corrao, nonché del latitante Domenico Raccuglia, tutti coinvolti nell’operazione Chartago che ieri ha decapitato i vertici del clan con 16 arresti, intercettati dalle microspie piazzate in macchina, parlavano di avere incassato da Rao 1.200 euro, lamentandosi però di avere ricevuto 50 euro strappate, tagliate a metà. Il pizzo dovevano pagarlo tutti, commercianti, artigiani e imprenditori; pena le classiche intimidazioni, e Pietro Rao, ne aveva subite tante: lettere anonime accompagnate da proiettili, danni ai terreni coltivati a vite, l’incendio della macchina. Una serie di messaggi intimidatori terminati nel 2004, quando, sostengono gli inquirenti, Rao avrebbe deciso di sottomettersi alle estorsioni. I soldi, secondo l’accusa, andavano consegnati ad Antonino Giambrone, soprannominato “Pumata”. La stessa conversazione di La Puma e Bacarella, intercettata dai carabinieri, avrebbe svelato un’altra estorsione ai danni di Salvatore Pomodoro, proprietario di una falegnameria. La stessa sera della visita al farmacista di Partinico, sarebbero andati pure a casa di Manto, in contrada Ramo. A chiusura dei conti, Bacarella e La Puma avevano sommato, a fine giornata, un totale di 3.000 euro. Secondo gli investigatori, il clan mafioso avrebbe avuto pure interessi nell’appalto pubblico per il rifacimento della rete fognaria ad Alcamo su cui aveva puntato gli occhi il latitante di Altofonte Domenico Raccuglia.